La mozzarella di bufala

Oggi ci sono in commercio diversi tipi di mozzarella ma il prototipo, cioè la mozzarella più famosa, è la “Mozzarella di Bufala Campana” a denominazione di origine protetta (Dop) che è un formaggio da tavola di pasta filata molle che deriva da latte intero di bufala. A regolarne la produzione c’è un disciplinare contenuto nel DPR (Decreto del Presidente della Repubblica) del 28 settembre1979, il quale prevede, per la produzione della mozzarella di bufala, l’utilizzo esclusivo di latte di bufala, senza l’aggiunta di nessun altro tipo di latte (vaccino o pecorino che sia). In forza di tale decreto, che ha valore di legge (come ampiamente illustra il sito internet della “Mozzarella di Bufala Campana Dop”, facilmente consultabile), per produrre questa mozzarella è vietato, come abbiamo appena detto, l’impiego anche parziale di latte bovino, altrimenti la tipica mozzarella prodotta nelle aree tradizionali non potrebbe essere più denominata “di bufala” e si tratterebbe di una mozzarella che non può fregiarsi del titolo della “denominazione di origine protetta”. Resta comunque vero che, oltre alla “Mozzarella di bufala campana” Dop, si producono in Italia altre buone mozzarella.

Restiamo comunque nell’ambito della mozzarella principe e cerchiamo di ripercorrerne, pur brevemente, la storia.

Il bufalo mediterraneo italiano

La mozzarella di cui abbiamo appena parlato è prodotta col latte di bufala. Ma da quando si produce in Italia la mozzarella di bufala? In verità si conosce poco della storia del bufalo, di come sia arrivato in Italia e come si sia diffuso in numerose aree della nostra penisola. Ma qualcosa lo sappiamo. Il bufalo appartiene al genere ruminanti della sottofamiglia di bovini e si differenzia dai bovini perché ha forme tozze, arti corti e grossi, pelame scuro che diventa scarso negli adulti e corna segnate da rugosità trasversali. 

Il bufalo sembra avere origini in India e proprio il bufalo indiano, studiato e classificato nel ‘700 dal naturalista Carlo Linneo e da lui denominato Bos hubalus (Bos indica il genere e hubalus la specie), è considerato il diretto progenitore del bufalo domestico asiatico, africano ed europeo e, quindi, anche di quello allevato in Italia. Il Bufalo domestico è un mammifero ruminante artiodattilo (con zampe ungulate con dita del piede in numero pari) che appartiene alla famiglia dei Bovidi; la pelliccia è di un colore grigio scuro uniforme, le corna sono appiattite e ricurve all’indietro. 
A.E. Brehm in “La vita degli animali”, nella seconda metà dell’800, scrive: Sinora non s’è determinato in modo preciso per quale via il bufalo domestico siasi sempre più diffuso. Non v’ha dubbio che sia originario dell’India, appunto perché concorda perfettamente con quello che vive ancora là allo stato selvatico. Probabilmente passò in Persia a seguito dei grandi eserciti, o colle popolazioni migranti, poiché i compagni di Alessandro il Grande ve lo trovarono. Più tardi i musulmani lo avranno trasportato nella Siria e nell’Egitto. 

Appare dunque possibile che, al di là delle leggende riguardanti il suo approdo in terra italiana, il bufalo indiano, addomesticato da quelle popolazioni, sia stato scoperto dagli Arabi e da loro fatto conoscere sia in Africa che, successivamente, in Italia, proprio come avevano fatto dapprima con le spezie orientali e poi con il riso, cereale che se è coltivato ampiamente in Italia è esclusivamente per merito degli Arabi. E poiché il bufalo appartiene al genere dei bovini, la femmina produce latte non molto dissimile da quello delle mucche, per cui sapendo già trasformare il latte di mucca in formaggio è stato facile fare la stessa cosa anche con il latte di bufala e produrre quel formaggio tutto speciale che è la mozzarella.

Come si presenta 
La “mozzarella di Bufala Campana” Dop ha caratteristiche molto precise che si rivelano già all’esame visivo, osservando il suo colore. Il colore di questa mozzarella è di un bianco perlaceo, porcellanato. La sua superficie appare liscia e lucente e la crosta risulta sottilissima, meno di un millimetro di spessore. In questa mozzarella la pellicola superficiale che difende la pasta sottostante come un leggerissimo involucro deve allontanarsi con un distacco abbastanza netto. 
La forma interna è globosa, con struttura a foglie sottili sovrapposte, che tendono a scomparire negli strati immediatamente sotto il primo. Sulla superficie possono apparire dei rilievi, che stanno ad indicare il punto di distacco manuale della mozzarella dalla massa di pasta. 
Tagliando la pasta con un coltello dalla lama liscia si può osservare la compattezza o l’eventuale leggera slegatura, dovuta alla tecnica di filatura. Al taglio, infine, la mozzarella di bufala Dop lascia scolare un po’ di sierosità biancastra, dal profumo di fermenti lattici.

Come si produce la mozzarella di bufala

Il latte che viene utilizzato per produrre la mozzarella deve provenire chiaramente da allevamenti di bufale e deve essere consegnato al caseificio entro 12 ore dalla mungitura e immagazzinato in recipienti che non ne modifichino le caratteristiche organolettiche, quindi filtrato per eliminare ogni residua impurità. L’inizio della lavorazione si ha con la coagulazione del latte, a sua volta preceduta dall’addizione di sieroinnesto naturale, ottenuto lasciando acidificare spontaneamente a temperatura ambiente il siero della lavorazione del giorno precedente. La coagulazione si effettua aggiungendo al latte del caglio liquido di vitello. Il riscaldamento del latte avviene per immissione diretta di vapore (nell’antica pratica, mediante aggiunta di una quota di latte bollente alla massa complessiva) che viene quindi addizionato del caglio. La temperatura ottimale è fra 34°C e 38°C e la durata media della coagulazione non deve superare i 30 minuti. 

A questo punto si ha la rottura della cagliata, effettuata di solito manualmente con un ruotolo di legno (bastone alla cui estremità è fissato un disco di legno con la faccia esterna convessa) o con uno spino metallico e viene spinta fino ad ottenere grumi caseosi delle dimensioni di 3-6 cm. 
La rottura della cagliata avviene in due fasi: con la prima si riduce la cagliata in cubi e, dopo una sosta di circa mezz’ora, si procede alla seconda rottura con ruotolo o spino. L’estrazione della cagliata avviene di solito manualmente, quindi viene tagliata in grosse fette con un coltello o col tradizionale falcetto. A questo punto la cagliata, che si presenta compatta e con occhiature regolari, viene posta a spurgare su di un tavolo spersoio e lasciata maturare ulteriormente per un tempo che varia tra i 15 e i 30 miniti. 

Dopo la rottura, la cagliata viene lasciata acidificare prima sotto siero. Nel ciclo di lavorazione artigianale l’acidificazione dura mediamente 3-4 ore, tuttavia, non sono rare le lavorazioni in cui questa fase tecnologica si protrae anche fino a 8 ore. La durata dell’acidificazione della cagliata sotto siero è una delle variabili di processo che più influiscono sulla qualità della mozzarella. 
Il giusto grado di maturazione della cagliata si determina tramite quello che è chiamato il saggio empirico di filatura. Si prendono circa 100 g di pasta maturata che vengono fusi in acqua calda. La pasta fusa viene posta su un bastoncino e tirata con le mani; se la pasta si allunga in filamenti continui di lunghezza superiore a un metro, senza spezzarsi, si può considerare pronta per la filatura. 

La filatura è la fase della lavorazione che influisce maggiormente sulla consistenza del prodotto finito e sulla resa di lavorazione. Nella lavorazione tradizionale, infatti, la filatura della pasta viene ancora eseguita manualmente. La pasta, sufficientemente matura, viene tagliata in fette sottili con un trita-cagliata e posta in un tino di legno nel quale viene fusa per aggiunta di acqua bollente. Successivamente, con l’aiuto di adatti utensili, costituiti nella pratica tradizionale da una ciotola e da un bastone di legno, si solleva e si tira la pasta fusa, fino a ottenere un impasto omogeneo e lucido. L’acqua non incorporata nell'impasto, detta acqua bianca, viene successivamente allontanata dal recipiente di filatura raccogliendola con la ciotola e filtrandola con un setaccio a maglie fini per recuperare i piccoli pezzi di pasta fusa. Al termine dell’operazione di filatura la pasta assume la struttura filiforme che costituisce la caratteristica della classe di formaggi denominati a pasta filata. 

L’ultima fase della lavorazione riguarda la formatura della mozzarella. A livello artigianale la formatura della mozzarella (comunque obbligatoriamente per la Mozzarella di Bufala Campana” Dop) è effettuata manualmente, da due operatori, di cui uno stacca (“mozza”) con il pollice e l’indice dei pezzi di pasta filata da una massa globosa di circa 2-3 kg, sostenuta dall’altro operatore. La pasta filata viene manipolata con molta cura ed esperienza eseguendo dei movimenti caratteristici che si concludono con la mozzatura. 

Alcune forme particolari, quali ad esempio la tradizionale treccia, vengono ottenute solamente a mano, intrecciando abilmente un segmento allungato di pasta filata fino a ottenere la forma finale. 
Siamo così arrivati alla salatura che, di solito, viene realizzata immergendo la mozzarella in soluzioni saline a diversa concentrazione, con un contenuto di sale che varia dal 10 al 18%. La durata dell’operazione varia da caseificio a caseificio. Una volta estratto dalla salamoia e immerso nel liquido di governo, la concentrazione di sale nel formaggio tende ad equilibrarsi. Per effetto di un processo diffusivo la concentrazione del sale si abbassa negli strati esterni del formaggio e si innalza in quelli interni, con tendenza ad uniformarsi. Ed ora la mozzarella è pronta per entrare in commercio.

La mozzarella, oggi

Come risulta fin dalle prime righe di questo speciale, la vera mozzarella è fatta esclusivamente con latte di bufala, alimentata dalle erbe di pascoli estensivi naturali, integrate da mangimi. Essa si presenta di forma sferica, di un peso oscillante fra i 30 g e 1 kg, di color bianco porcellana, con superficie liscia e lucente; pasta consistente, ricca di sierosità dal profumo di fermenti lattici. 

La mozzarella è definita dal disciplinare un “formaggio fresco a pasta filata ottenuto direttamente dal latte intero di bufala”. Oltre alle forma classiche, il cui peso oscilla fra i 200 e i 500 grammi, oggi l’industria casearia delle varie zone di produzione presenta trecce, bocconcini, ecc. di peso variabile, tutti ottenuti dalla lavorazione del latte di bufala. Nessuna forma, comunque deve presentarsi “viscida, ruvida, rugosa, scagliata” e, infine, il Disciplinare precisa che “il formaggio denominato Mozzarella di Bufala dovrà essere indenne, né mostrare traccia alcuna, all’esame chimico, di sostanze conservanti, polifosfati, addensanti o residui di contaminanti ambientali”. 
Ce n’è abbastanza perché la Mozzarella di bufala campana dop, un formaggio particolarissimo da consumare fresco, goda della massima considerazione dei buongustai e non solo dei pizzaioli che hanno il merito di averla fatta conoscere e l’hanno ampiamente valorizzata in Italia e nel mondo.